domenica 31 gennaio 2010

Danzando pacchianamente tra montagne volanti - parte 2

(ossia la recensione del secondo degli ultimi due film visti. La prima parte è qui)

E dopo la prima parte, parliamo di...Nine, Rob Marshall, 2009

Rob Marshall e il musical. Una relazione professionale che, se nei musical tradizionali a teatro ha reso piuttosto bene, nella prova precedente sul grande schermo di Chicago ha dato frutti discreti, per quanto ben lontani da film che hanno riportato con maggiore successo (o clamore) il musical sullo schermo cinematografò (cit.), come ad esempio Moulin Rouge, Mamma Mia! (ma quante cose sa fare bene Meryl Streep? Mioddio...) o quello con John Travolta di cui non ricordo il nome Hairspray.

Quindi questa suonava un pò come la prova del nove: cast importante, storia importante, battage pubblicitario importante. Tant'è vero che prima della diffusione nelle sale si vociferava di svariate nomination ai Golden Globes se non addirittura agli Oscar. Poi, purtroppo per loro, il film è uscito nelle sale. E il panorama è decisamente cambiato. Versione breve: non si punta più neppure alle candidature agli Oscar.

Il musical cui è ispirato, dal titolo omonimo, è un omaggio-barra-reinterpretazione di Otto e mezzo di Fellini. Omaggio credo inteso sia al film, sia a Fellini. Solo che mentre Otto e mezzo è un film, questo è lo stesso film però in versione Disney, ossia con una canzone ogni 5-10 minuti. (Mi viene in mente il film di South Park, dove per paraculare i film animati Disney, c'è realmente una (bella) canzone non-sense ogni 5 minuti!)

E la trasposizione canora non è che sia venuta questo granché bene. Si è scelto di puntare su un cast internazionale di grandi nomi per avere un maggior richiamo al botteghino più che su qualche interprete di musical più o meno famoso, quindi dal punto di vista delle prestazioni canore-ballerine parliamo di attori prestati al genere. Come d'altronde è stato anche per gli altri musical cinematografici. Poiché il musical è costruito in modo che ciascuna delle star presenti abbia almeno un pezzo cantato e ballato, cercherò di analizzarle individualmente.

Daniel Day-Lewis nella parte che fu di Mastroianni fa un lavoro egregio, anche perché ha più parti puramente recitative quindi "fa ciò che fa di solito". Forse giusto gigioneggia un pò a volte, rendendo il suo personaggio ad esempio troppo nevrotico più che insicuro.
Sugli scudi anche Marionne Cotillard, davvero impressionante come bravura sia nelle fasi recitative (ma non è una cosa che si scopre ora) che in quelle musicali. E si, la adoro.
Judi Dench ci mette del suo, anche nella parte canora, ma complice la bruttezza del pezzo non mi ha preso quanto mi aspettassi.
Penélope Cruz (Premessa: inutile negarlo, è una delle preferite del sottoscritto, sia come donna che come attrice.) come recitazione fa il suo compitino senza infamia e senza lode. E ciò associato a lei vuol dire "non va bene". Nelle parte canora risulta più comica che seducente (su tutto un "coochie-coochie-co" da brividi). E la voce che le han dato nella versione nostrana c'entra poco o nulla col personaggio, rendendolo ancora più irritante (la doppiatrice di Phoebe di Friends).
Sua maestà Sofia: partendo dal fatto che già nel trailer la scena di lei che appare a mò di "visione mistica della Madonna" aveva scatenato un mix di risate incontrollate e sbigottimento una volta realizzato che invece la cosa era seria. Avevo l'impressione che l'avessero presa principalmente perché facesse da richiamo forte al Cinema con la C maiuscola italiano, più che magari per doti recitative o canore particolari richieste per quella parte. Vederla recitare (sulla parte canora diciamo che han cercato di non infierire più di tanto, sfortunatamente senza riuscirci) in effetti conferma questa impressione.
Fergie dei Black Eyed Peas (ma a quanto ho capito ora ha una carriera da solista. Bah.) ovviamente canta bene, facendo quello come mestiere sarebbe stato strano il contrario, anche se il suo pezzo è allucinante (ne parlerò meglio dopo). Per la recitazione, diciamo che si esprime bene col corpo, anche data una certa "incarnazione" rispetto ad altre apparizioni.
Nicole Kidman ha un ruolo etereo nel film. E pertanto si comporta come tale. Non pervenuta.
Kate Hudson è semplicemente inutile e il suo pezzo canoro è inutile tanto quanto il suo personaggio.

Ma la "genialata" dei realizzatori è stata quella di farcire il film di vari attori italiani più o meno noti, più o meno bravi, mettendoli in ruoli di secondo piano, per dare forse al pubblico 'merigano l'idea di essere ancora più in Italia. O comunque per dare un'idea del cinema odierno italiano, a mò di omaggio nell'omaggio. Secondo loro.
Passi Ricky Tognazzi che fa sé stesso come in tutti i film e i vari spot. Passino anche un irriconoscibile Elio Germano o Valerio Mastandrea che cerca di non recitare da Mastandrea. Ma Martina Stella? Perché?
E per chi avesse da ridire sulla mia domanda, ricordo che QUESTA è Martina Stella.

Ma poi, la cosa che maggiormente traspare dal filmusical è "pacchianeria". Che tra l'altro è un ottimo modo per riassumere il film in una parola. Perché pretendere di fare un film ispirato al musical ispirato a sua volta ad uno dei nostri film più apprezzati all'estero è sbruffoneria, oltreché pacchianeria. Perché vedere Sofia in quelle condizioni (ma perché alla sua veneranda età ci tiene ancora a mettere le tettone flosce in mostra? Che vuole, mettersi a rivaleggiare con le attrici attuali?) e sentirla intonare un allucinante "Ti ho voluto tanto bene" in una specie di italiano-puzzulano-mmerigano non è omaggiare il Cinema italiano dell'epoca, bensì è metterlo alla berlina in maniera pacchiana. Perché una canzone - quella di Fergie - il cui titolo è "Be Italian" e il cui testo in pratica dice che per "essere italiani" basta provarci con una donna dicendole "Ti voglio bene" e poi facendo avances sessuali, oltre che qualunquista e di dubbio gusto, è pacchiana. Senza appelli sulla "giocosità" del tutto.

(Nota: naturalmente la FIAT non si è fatta sfuggire l'occasione e l'ha subito posta come colonna sonora dei suoi spot. E poi ci si chiede perché invece di concentrarsi su nuove auto, ad esempio, fa storie per avere gli incentivi statali per tirare a campare.)

In definitiva: è un carrozzone musicale. E' pacchiano. E' costato un botto di soldi (si parla di 64 milioni di euro), e ne ha incassato a stento un decimo. Probabilmente piacerà molto a chi adora il musical, a chi basta sentirsi ripetere "Be italian" per inorgoglirsi senza andare un attimo ad approfondire il discorso, e ai dirigenti Fiat.

Il mio giudizio? A parte l'ennesimo "pacchiano", è "Mah, 'nzòmm".

sabato 30 gennaio 2010

Danzando pacchianamente tra montagne volanti - parte 1

(ovvero due recensioni sugli ultimi due film visti)

Cominciamo con... Avatar, di James Cameron, 2009

Film iper strombazzato (il che ha attivato il mio istinto filmofilo per una potenziale cazzata) per la rivoluzionaria tecnica utilizzata durante le riprese (un misto di motion capture e computer grafica girato con una sorta di "telecamere stereo". E aggiungerei "con posterdati come fosse antani per due ma soltanto in quattro").

Analizzando il film per ciò che è, in sostanza si rivela la fiera delle citazioni, come evidenziato più in dettaglio qui, a cominciare da tutti i lavori di Cameron (e sapendo quanto sia leggerissimamente esaltato non meraviglia. Per quanto, vista la sua filmografia di successo, ne ha pure ben donde ad esserlo. Tra l'altro ho trovato geniale la citazione da Titanic), finendo poi per "prendere (MOLTO) spunto" da vari film che hanno principalmente a che fare con l'incontro-scontro tra due razze diverse, iniziando con Pocahontas (c'è anche un simpatico meme in giro per internet a riguardo) e finendo con Balla coi Lupi (i geniali Matt Stone e Trey Parker, gli autori di South Park, non per nulla l'hanno parodiato in una delle ultime puntate trasmesse negli States, chiamandolo "Balla coi Puffi").

Quindi la storia è piuttosto esile? Si. E' inutile girarci intorno parlando di "conoscenza dell'uomo", di "analisi dei personaggi" e quant'altro. Se uno ha un minimo di conoscenza del cinema, può anticipare i vari colpi di scena. Il che non è propriamente bello, avendo anche speso un biglietto maggiorato per andare a vederlo.

Ma uno va a vederlo anche, o principalmente come nel mio caso, per ammirare questa rivoluzionaria tecnologia utilizzata. Che sia diversa dal 3D utilizzato finora in questo revamp dell'uso del 3D, è certo. Spiegazione pratica: invece di avere l'effetto "libro animato per bimbi", con varie figure sagomate che si muovono a profondità diverse, si ha una commistione dei vari piani di profondità (vd. parallasse) molto molto migliore, il che dà effettivamente una resa di profondità e penetrazione superiore ad altre produzioni (dove l'effetto principale era "roba che esce dallo schermo e ti arriva addosso").
Spiegazione nerd: il 3D "tradizionale" è Doom, se guardando un nemico ruotate su voi stessi notate che il nemico è una sagoma bidimensionale; il 3D di Cameron è Quake, ruotando su voi stessi vedete che i nemici sono anch'essi in 3D e quindi ne consegue una sensazione di realismo maggiore.

(Nota di intermezzo: questa storia della nuova sensazione di profondità percepita, unita alle varie trovate pubblicitarie per far parlare del film, tipo l'accusa di plagio da un cartoon sconosciuto, o le sindromi delusionali e depressivi dopo la visione del film per non essere più sul pianeta Pandora, ha di fatto creato il leit-motiv utilizzato prima, durante e dopo la visione del film da me e dai compagni cinefili: "Com'è profondo!")

E' un dato di fatto che l'industria del cinema abbia intrapreso questa nuova-vecchia strada del 3D da tempo, affiancandola anche a molte produzioni di valore (mi viene in mente l'ottimo Coraline) che potrebbero essere girate tranquillamente in 2D. E questo Avatar non fa eccezione. Perché si fa ciò? Per due motivi: l'industria del cinema è un pò in crisi d'idee, partendo da premesse dubbie per tentare qualcosa di nuovo (il film sul "Monopoli"?! Il film su "Battaglia Navale"?! Il film su FACEBOOK?) o producendo svariati remake-trattino-reboot di franchise diventati di culto (i recenti remake di Texas Chainsaw Massacre, Halloween e quelli prossimi di RoboCop (brrr), La Cosa (senza Carpenter! Ma scherziamo?) o A Nightmare on Elm Street (interessante la scelta di Rorschach per sostituire Robert Englund)). Quindi, in un periodo di crisi economica, c'è bisogno di uscirsene con "qualcosa" che renda l'esperienza di un film visto al cinema irripetibile in altri contesti, per es. a casa. Ossia prendere una tecnologia vecchia e non perfettamente funzionante (il 3D originale generava mal di testa dopo un pò che si indossavano gli occhiali) e ottimizzarla alla luce delle scoperte scientifiche e tecnologiche degli ultimi 20 anni. Poi è chiaro che Cameron, "perché è Cameron", abbia dovuto metterci del suo (per i compartenopei, leggasi "Cameron adda semp' mettere a'copp").

Conclusione, il film è una ciofeca? No. La storia, per quanto "molto già vista", risulta comunque solida ed efficace nel rendere il film seguibile senza cali di noia. Il che con 2 ore e 40 di girato, durata standard di quasi tutti film di JC, non è da tutti. E' da andare a vedere? Si. Perché, a meno che lo sviluppo di supporti e televisori per il 3D non sarà una cosa rapida ed economica, il film visto su dvd perderà una delle cose principali che lo rendono appetibile (se non ci credete, vedete i vari trailer in giro per la rete. In 2D sembra un film qualsiasi). Molto probabilmente vincerà anche una carrettata di Oscar, tra cui si vocifera quello per Miglior Attrice a Zoe Saldana (che recita solo nei panni di aliena, quindi sarebbe una novità per l'Academy premiare un artista per un lavoro di recitazione "mascherato" dall'uso del computer) in parte grazie anche ai vari record di incassi battuti (tra cui l'osannato Il Cavaliere Oscuro). Ma per i miei parametri non me la sento di chiamare "capolavoro" un remake in HD con efficaci tecnologie innovative di Balla coi Lupi con un pò di Pocahontas.

venerdì 22 gennaio 2010

Ancora di getto...

Mi spostai in cucina. Il senso di appannamento che mi permeava non accennava a diminuirsi, anzi i rumori familiari mi tenevano ancorato a quella che sembrava la realtà, almeno per ora. Lo scrosciare dell'acqua dal rubinetto, il borbottio della caffettiera. Decisi di fare una prova del nove, accendendo la televisione. Mentre mi versavo il caffè in una tazza, osservavo il gioco di macchie che il televisore mi stava mostrando. Come due eserciti contrapposti in una furiosa battaglia che non vedrà vincitore nessuno dei due.
Il televisore si spense con un rumore sordo lasciando come eredità della sua recente accensione un puntino centrale nel nulla dello schermo. Sembrava mi stesse osservando, mentre finivo di sorseggiare il caffè bollente.
La luce filtrava timidamente dalle finestre della cucina, donando un'aria confusa e rarefatta a tutto il resto. Più mi guardavo intorno e più sembrava fossi in un quadro vivente di Dalì o di Escher.

mercoledì 20 gennaio 2010

Di getto

Mi svegliai da un lungo sonno senza sogni. Erano passate poche ore, ma mi sentivo intorpidito come se fossi stato in quella posizione per giorni, o forse settimane. Guardai l'orario, erano le 3:33. "Curioso", pensai tra me e me, in quello stato di dormiveglia dove ogni cosa sembra avere un senso, dove tutto è ovattato, e tutto ci sembra bello e perfetto. Dove i nostri sensi sono completamente appagati, non fame, non sete, non felicità, non sofferenza. Un dolce richiamo verso il nulla, verso l'oblio creato dal sonno, dai nostri vuoti sogni.
Mi rigirai tra le coperte, in quel momento non avrei saputo dire in quale verso mi trovassi, da quale lato del letto o in quale stanza, paese o continente mi trovassi. Potevo essere ovunque e in qualunque altro letto di qualsiasi altra camera. Rumore di un motore fuori dalla finestra, che sfreccia squarciando il silenzio della notte. Ma a me sempre più proteso verso l'auto annullamento, sembra solo un ronzio che accompagna quello dell'orologio e della televisione dall'altro lato della stanza. Se sono ancora lì e non sono invece frutto della mia fantasia.
Mi svegliai successivamente un pò dopo, o molto dopo, non saprei dirlo. La mente era ancora annebbiata, permeata dal nulla notturno perché riuscissi a percepire che ore erano e quanto tempo era passato dalla volta precedente. Non saprei neppure dire se fosse stata solo un sogno, o se mi fossi davvero svegliato in precedenza.
In quel momento sento un ronzio, poi un altro, e poi una musichetta. Rispondo al cellulare, senza vedere il numero. Lentamente immagino sia qualche altra inutile offerta, e preparo le frasi di circostanza per salutare quel benvenuto scocciatore mattutino con garbo. Invece sento una voce familiare, senza riuscire ad assegnarle un volto ben definito. "Sai che ore sono?", mi dice. E mentre cerco di associare voce a volto, tossisco. "Non hai molto tempo", mi avvisa, "sanno che ti sto telefonando. Ti ricordi che devi fare quella cosa?".