sabato 2 marzo 2013

Luce, infanzia e insetti

- "No, a mamma! Mettilo a posto."

La voce, inconfondibile, di mia madre mi fa sgranare gli occhi. Davanti a me una scatola colorata, un caleidoscopio di colori che non riesco a decifrare. Le mie mani, piccole come quelle di un bambino, che la mantengono sospesa per aria. Alzo lo sguardo, davanti a me ci sono enormi scaffali bianchi, colmi di giocattoli colorati, di tutti i tipi e di ogni dimensione.

Con la coda dell'occhio mi sembra di vedere mio fratello, anch'egli poco più che bambino: tuttavia, ogni volta che mi volto verso di lui non c'è, rimane sempre ai bordi del mio campo visivo. Vedo invece, in modo chiaro, le gambe di mia madre e mio padre: mia madre con un vestito blu, con decorazioni floreali; mio padre con i suoi pantaloni grigi.

- "Metti a posto quella scatola, non sono cose tue!"

Cerco di parlare, ma non ci riesco: vorrei dire loro, per quanto la mia età lo permette, che non ho preso quella scatola perché la volessi, ero solo curioso dei colori, ero curioso di capire cosa fosse. Non la voglio davvero. Allora cerco di incontrare il loro sguardo, per capire se sono arrabbiati o meno. Ma sono alti, infinitamente alti. Alzo lo sguardo più su per quanto mi sia possibile, ma al di sopra del collo vedo solo una luce bianca, fortissima: cerco di mettere a fuoco la vista, per poterne notare almeno i lineamenti del viso, ma più mi sforzo più gli occhi strabuzzano, la vista si tinge di bianco, finché non vedo altro che bianco tutto intorno.

Mi riprendo sul sedile posteriore di un'auto. I miei sono alla guida, stavolta ne distinguo i contorni. Parlano tra loro, a voce bassa, indecifrabile. Forse non vogliono svegliarmi. Mi tiro su e guardo fuori dal finestrino, poco sopra il mio naso: ci sono colline verdi tutto intorno, con delle spruzzate di case in lontananza. E' un paesaggio familiare, anche se non riesco a ricordare il perché.

D'improvviso sento mia madre lanciare un urlo dalla paura e girarsi verso di me con lo sguardo preoccupato: una farfalla è entrata in auto, dal suo finestrino semi-aperto, e sta svolazzando nell'abitacolo. Ne seguo il volo, paralizzato, con la bocca aperta. Sento mia madre urlare "Chiudila! Chiudi la bocca!", e mio padre, che guida ora con fare nervoso, dirmi "Non aver paura! Rimani tranquillo, solo chiudi la bocca!". Ci provo, ma non riesco a muovermi.

Seguo con lo sguardo la farfalla, tra l'incuriosito e il terrorizzato. Dopo qualche altro giro per l'abitacolo, questa decide di posarsi placidamente nella mia bocca, sulla mia lingua. Mia madre con uno scatto la scaccia via dal suo nido improvvisato, e la schiaccia con un giornale arrotolato. Assisto alla scena immobile, ancora paralizzato, ma avverto nitidamente una cosa estranea sulla lingua: un pezzo d'ala della farfalla si è conficcato sulla mia lingua.

Mia madre inizia a disperarsi, dicendo che devo andare immediatamente al pronto soccorso, in quanto velenosa. Mio padre non dice nulla, preferendo concentrarsi sulla guida, e accelera l'auto.