martedì 23 giugno 2009

Scrivo perché...

Scrivo perché mi va, quando mi va, come mi va. Non ho i ritmi di un King o di un Brown, né tantomeno la prolissità di un Faletti o di un Tolkien. Di sicuro sono meno interessante. E a volte non altrettanto pacato.
Scrivo per mettere due righe ferme su un foglio, elettronico o reale che sia. Anche quando ero più piccolo, più ingenuo ma non meno sognatore, scrivevo al di fuori di scuola liberamente solo "a scopo terapeutico": come Zeno Cosini, temo di essere una di quelle persone che ha bisogno di un punto fermo scritto su cui concentrarsi per ragionare. O in cui catturare l'essenza di un momento, di una sensazione. Almeno credo fosse Zeno, tra non molto sarà il caso di dargli una ulteriore rilettura. Trovo che sia un libro che migliora con l'età.
Scrivo per rabbia, quando qualcosa non mi va giù e voglio un mio spazio, per quanto piccolo e malfrequentato, record battuto solo dai peggiori bar di Caracas. Essendo poi una persona particolarmente paziente - per gli astrologi, segno zodiacale Toro - diciamo che, quando capita quella volta una tantum in cui perdo le staffe, scrivere non è esattamente il mio primo istinto. Ma scrivere può aiutare a dosare i piccoli stress quotidiani. Quelle che sai benissimo essere cazzatine da niente, ma che se ben disposte in fila, rischiano di diventare una sorta di valanga per il tuo equilibrio mentale faticosamente ritrovato con sapiente lavoro certosino sul proprio Ego - o anima o essenza o come vi pare - e tanta, tanta pazienza.
Scrivo perché a volte quando si ha un attimo di tempo per sedersi metaforicamente sulla riva a vedere il proprio flusso di pensieri, vale la pena lasciarli fluire verso altro che non sia un bivio tra il ricordo, la memorizzazione e il dimenticatoio.

2 commenti:

  1. Hai scritto la parola "Faletti" senza che ad essa fosse associata una frase che contenesse le parole "assoluta mancanza di talento". Sappi che è grave

    Forse lo stesso discorso si potrebbe estendere a Brown

    Crepate luridi scrittori da supermarket

    RispondiElimina
  2. Su Faletti il giudizio definitivo è ancora in sospeso, visto che sono ancora a digiuno dei suoi romanzi. Però nel caso peggiore non penso siano completamente inutili: sarebbero degli utili fermaporte.

    Di Dan Brown ho letto il tanto osannato "Codice da Vinci", ben dopo il periodo di incensamento dovuto a libro e film, proprio per non farmi influenzare né in positivo né tantomeno in negativo.
    L'ho trovato piuttosto nella norma: niente che mi facesse gridare al miracolo, ma neppure da buttare o da usare come pratico ceppo di legno improvvisato.

    RispondiElimina